Il
Cristianesimo dopo Costantino
Conseguenze degli Editti di
Milano e Tessalonica.
Con l’Editto di Milano, emanato da Costantino nel
313 d.C., il Cristianesimo fu dichiarato una religione tollerata nell’Impero
Romano. Iniziava la “Pace della Chiesa”. Finirono le persecuzioni, furono
restituite alla Chiesa le proprietà confiscate, furono assegnati ai vescovi
ampi poteri. A nulla servì il tentativo dell’imperatore Giuliano l’Apostata di
ripristinare gli antichi culti pagani, perché dopo la sua morte in battaglia
nel 363 d.C., l’Impero tornò al Cristianesimo. Anzi, con l’Editto di
Tessalonica, emanato da Teodosio nel 380 d.C., il Cristianesimo divenne
“religione di Stato”, cioè fu imposto per legge a tutti gli abitanti
dell’Impero, decretando la fine del paganesimo: i templi degli Dei vennero
chiusi, distrutti o trasformati in chiese cristiane, mentre ai pagani si
proibirono molte attività un tempo consentite, come la carriera militare. Il
fuoco sacro di Roma fu per sempre spento nel Tempio di Vesta, al Foro Romano. L’ultimo
focolaio di paganesimo fu spento con la chiusura della celebre Scuola di Atene,
sorta di università dei filosofi, chiusa nel 529 d.C. dall’imperatore
Giustiniano. Era la fine del mondo antico.
L’imposizione del cristianesimo, avvenuta nel IV
secolo d.C., oltre a liberare i cristiani dalle persecuzioni, ha avuto anche
conseguenze negative nei confronti del messaggio d’amore di Gesù espresso
attraverso i Vangeli. L’amore infatti si può offrire ma non imporre. L’amore
obbligato scade nella violenza. I primi cristiani credevano nella possibilità
di instaurare il regno di Dio, un mondo basato sull’amore fraterno, cioè sulla
solidarietà anziché sulla legge, dove la persona più importante è il servitore
e non il potente, dove la guerra non esiste in quanto nessuno più è nemico,
dove il peccatore è accolto e perdonato anziché disprezzato ed emarginato. Dopo
gli editti imperiali, tuttavia, la Chiesa inizia a perdere il suo progetto di
rivoluzione non violenta della società e tende ad uniformarsi alle realtà che
dapprima intendeva cambiare: il potere, la ricchezza, la discriminazione, ecc. Si
possono citare alcuni esempi. I primi cristiani in genere si rifiutavano di
arruolarsi nell’esercito imperiale, dopo Teodosio tutti i soldati dell’Impero
sono cristiani. Tra i primi cristiani le donne avevano un ruolo importante
nella vita della Chiesa, dopo prevale il consueto maschilismo dell’antichità.
L’Arianesimo - Il Concilio di Nicea.
Quando la Chiesa non si trovò più nella necessità
di lottare per sopravvivere, emersero dissidi riguardo alla vera natura umana e
divina di Gesù. Sorsero le eresie: insegnamenti contrari alla dottrina della
Chiesa. All’epoca di Costantino, ad Alessandria d’Egitto un sacerdote di nome
Ario insegnava che Gesù, in quanto figlio di Dio, è inferiore al Dio Padre.
Ario fu esiliato dal vescovo Alessandro, ma la sua dottrina, l’arianesimo, si
diffuse in Oriente. Costantino, temendo che tale spaccatura religiosa
incrinasse l’integrità dell’impero, convocò a Nicea, nel 325 d.C., il primo
concilio ecumenico (=riunione di tutti i vescovi del mondo), affinchè la Chiesa
stabilisse una dottrina unitaria. Il Concilio bocciò le tesi di Ario ed elaborò
il “Credo”, in cui si dice che il Figlio ed il Padre sono fatti della stessa
sostanza. Tuttavia l’arianesimo continuò a diffondersi, in particolare tra i
barbari convertiti dai missionari ariani.
Il Concilio di Calcedonia
Il Concilio di Calcedonia del 451 stabilì,
nonostante l’opposizione dei vescovi delle maggiori città orientali, il primato
del vescovo di Roma, che prese il titolo di Papa, e fu considerato da tutti i
vescovi difensore dell’ortodossia (= la giusta fede).
Sant’Ambrogio, vescovo di Milano
Sant’Ambrogio fu vescovo di Milano, a quel tempo
capitate dell’Impero Romano d’Occidente. Convinse l'imperatore Graziano a rimuovere
la statua della Vittoria dalla Curia del Senato a Roma, provvedimento che gli
procurò una vivace polemica con Simmaco, ultimo strenuo difensore del
paganesimo romano. Esiliato dall’imperatore Valentiniano per la sua opposizione
all’arianesimo, disobbedì e rimase al suo posto. Egli sosteneva, infatti, che l’imperatore
appartiene alla Chiesa, dunque non è superiore alla Chiesa. Quando i cristiani
di Callinico incendiarono la sinagoga, l’imperatore Teodosio ordinò che venisse
ricostruita a spese dei colpevoli. Ambrogio chiese udienza al sovrano perché revocasse
l’ordine, ma non fu ricevuto. Pertanto gli scrisse da apri a pari: “Io ti
scrivo affinché tu mi ascolti nel tuo palazzo, altrimenti mi farò ascoltare
nella mia chiesa…” In un’altra occasione il vescovo si oppose all’imperatore.
Nel 390 Teodosio aveva fatto trucidare a Tessalonica migliaia di persone
colpevoli di aver massacrato le guardie che avevano arrestato un auriga, idolo
dei tifosi. Ambrogio protestò dal pulpito, si rifiutò di incontrare il sovrano
e gli proibì l’ingresso in chiesa. Teodosio dovette umilmente chiedere perdono.
Il potere spirituale tronfava su quello temporale.
Il Monachesimo
Mentre la Chiesa, grazie agli imperatori, acquisiva
potere, ricchezza e prestigio, alcuni cristiani si orientavano verso uno stile
di vita quanto più puro, senza compromessi con il mondo: il monachesimo. Monaco
(dal greco monos = solo) è cuolui che
vive in solitudine per pefezionarsi spiritualmente. Il monachesimo cristiano si
originò in Egitto nel III sec. d.C. e da lì si diffuse rapidamente in Siria e Palestina.
Essi praticavano l’ascesi, cioè la mortificazione del corpo attraverso digiuni,
veglie, preghiere continue e vivendo in luoghi isolati ed inospitali. Alcuni
giunsero a farsi rinchiudere per sempre in minuscole celle o a vivere fino alla
morte in cima ad elevate colonne. I monaci che vivevano isolati gli uni dagli
altri si dicono anacoreti (=quelli che si ritirano), mentre coloro che vivono
in gruppi si dicono cenobiti (=quelli che vivono insieme).
Sant’Antonio è considerato il fondatore del
monachesimo cristiano. La sua vita ci è nota grazie al suo discepolo Atanasio,
vescovo di Alessandria d’Egitto. Nato a Coma, sulle rive del Nilo, dopo la
morte dei genitori, Antonio all’età di 18 anni distribuì le sue ricchezze tra i
poveri e si ritirò nel deserto, dove nel 305 fu raggiunto da alcuni monaci
desiderosi di imparare da lui la vita ascetica. Morì nel 356 all’età di 105
anni. Tuttora il Monastero copto di Sant’Antonio, in Egitto, è il più antico
monastero cristiano al mondo.
Egitto. Grotta in cui visse Sant'Antonio Abate |
San Pacomio è l’iniziatore del monachesimo
cenobitico. Era un ex-soldato che, ritiratosi nel deserto egiziano, presso
Tebennesi, dettò le prime regole per la vita in comune dei monaci, basata su
castità, povertà ed obbedienza all’abate. I monasteri erano isolati da mura e lavoravano
terreni coltivabili.
Icona di San Pacomio |
San Benedetto da Norcia (480-543), invece, è il
fondatore del monachesimo occidentale. Visse tra l’epoca di Odoacre e la guerra
greco-gotica. Dopo una dissipata giovinezza, si ritirò in una grotta, ma rinunciò
all’eremitismo per fondare comunità monastiche prima a Subiaco e poi a
Montecassino. Qui nel 543 scrisse la Regola, su cui si basa tutto il
monachesimo cattolico, secondo cui il lavoro, sia manuale che intellettuale,
allo stesso modo della preghiera è strumento di perfezionamento spirituale,
mentre l’ozio è da condannare, ideale sintetizzato nel motto latino Ora et labora, cioè “prega e lavora”.
breve intervista ad un moderno anacoreta
Intervista ad un anacoreta dalla mentalità precostantiniana
Ricostruzione dello scriptorium del monastero di Mont Saint Michel (Francia).
In luoghi del genere i monaci medievali ricopiarono numerosi libri dell'antichità salvando i testi dalla dimenticanza e dalla distruzione.
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Simeone lo Stilita il Vecchio
Simeone Stilita (390 circa - 459) è stato un monaco siriano. È detto il Vecchio per distinguerlo da Simeone Stilita il Giovane. Fu un asceta vissuto per 37 anni seduto in cima ad una colonna, nel nord dell'attuale Siria. Diverse altre persone dopo di lui seguirono il suo esempio e vennero detti stiliti.
Cresciuto sotto l'influenza della madre Marta (anche lei santa), egli sviluppò un grande entusiasmo per il Cristianesimo sin dall'età di 13 anni. Entrò in un monastero prima del compimento del 16º anno d'età.Un giorno, uscito dal convento, iniziò un lungo digiuno. Diversi giorni più tardi, scoperto in condizioni di incoscienza, si scoprì che aveva legata alla vita una cintura di fronde di palma talmente stretta da procurargli una ferita. A questo punto gli fu chiesto di lasciare il convento. Egli si rinchiuse quindi in una capanna per un periodo di tre anni.
Dopo questo periodo, Simeone cercò un'eminenza rocciosa sui pendii di quello che ora è il Monte Sheik Barakat. Una moltitudine di pellegrini iniziò ad accorrere per chiedergli un consiglio o una preghiera e questo disturbò molto Simeone in quanto non gli lasciava più tempo sufficiente per la preghiera. Allo scopo di isolarsi dai pellegrini, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. Questo primo pilastro era alto poco più di 4 metri ma successivamente venne sostituito con altri, via via sempre più elevati, fino a raggiungere una distanza da terra di oltre 15 metri. Alla cima del pilastro era situata una piattaforma grande non più di 4 metri.
Scrive Edward Gibbon: "In quest'ultima e più elevata posizione, l'anacoreta siriano resistette per trenta calde estati ed innumerevoli freddi inverni. L'abitudine e l'esercizio gli diedero modo di mantenere la sua pericolosa posizione senza paura o senso di vertigine e sperimentare successivamente le posizioni di preghiera più adatte al luogo in cui si trovava. Egli talvolta pregava in posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua posizione più frequente era quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi. Uno spettatore curioso, dopo avere contato 1.244 ripetizioni del gesto desistette dal contarle ancora. È probabile che i progressi di un'ulcera ad una coscia, all'età di 72 anni, abbiano accorciato la sua vita, ma sicuramente non poterono disturbare la sua esistenza celestiale, ed egli morì senza scendere dalla colonna."
Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. È noto che scrisse delle lettere giunte ai nostri giorni, che istruì dei discepoli, che diede consigli a chi lo andava a trovare, predicando contro la profanazione e l'usura.
In contrasto all'estrema austerità che imponeva a se stesso, la sua predicazione portò molti alla compassione. La fama di Simeone si diffuse per tutto l'Impero bizantino e l'imperatore teodosio II e sua moglie Eudocia seguirono i suoi consigli.
Simeone divenne così influente che una delegazione della Chiesa venne inviata a lui per chiedergli di scendere dalla sua colonna in segno di sottomissione. A seguito della disponibilità da lui data ad obbedire, constatata la sua umiltà, la richiesta venne annullata.
Una volta, in occasione di una sua malattia, Teodosio gli inviò tre sacerdoti per chiedergli di scendere dalla colonna e consentire così a dei medici di curarlo, ma Simeone preferì lasciare la sua guarigione nelle mani del Signore. Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre del 459.
Le rovine dell'enormebasilica costruita in suo onore intorno alla colonna su cui era vissuto sono ancora visibili. Esse si trovano a circa 30 km a nord-ovest di Aleppo e consistono in una basilica a forma di croce con annesso un chiostro ottagonale. Al centro del chiostro è situata la base della colonna su cui Simeone visse per 37 anni.
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Impero Romano d'Oriente
(o Bizantino?)
Impero Romano d'Oriente o Bizantino?
La parola a Giustiniano!
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La parola a Giustiniano!
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Ravenna: mosaico della Basilica di S. Apollinare, ritratto dell'imperatore Giustiniano. (VI sec. d.C.) |
Continuazione dell'Impero Romano, erede della cultura greca e romana, Bisanzio è una sintesi del mondo antico
plasmata attraverso la religione cristiana.
Immagini di Costantinopoli
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Costantinopoli: disegno ricostruttivo. Da notare la Basilica di Santa Sofia. |
Costantinopoli, disegno ricostruttivo dellIppodromo ......................... |
La Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli
Costantinopoli, disegno ricostruttivo con la Basilica di Santa Sofia |
Il 23 febbraio 532, pochi giorni dopo la distruzione della precedente basilica avvenuta durante la cosiddetta rivolta di Nika, l'imperatore Giustiniano decise di costruire una nuova basilica completamente diversa, più grande e più maestosa rispetto a quelle dei suoi predecessori.
Giustiniano scelse come architetti Isidoro di Mileto e Antemio di Tralle, Antemio, tuttavia, morì nel primo anno dei lavori. L'edificio, come appariva all'epoca, si trova descritto dallo storico bizantino Propcopio nella sua opera "Edifici" (in greco: Peri Ktismatōn). L'Imperatore aveva fatto procurare il materiale da tutto l'impero: colonne prelevate dall'Artemision a Efeso, che era una delle sette meraviglie del mondo antico, colonne prelevate dal Tempio di baalbek in libano, pietre dalle cave di porfido in Egitto, marmo verde dalla Tessaglia, pietra nera dalla regione del Bosforo e pietra gialla dalla Siria.
Era la basilica più grande della cristianità. Le teorie del matematico Erone di Alessandria potrebbero essere state la base su cui si sono svolti i calcoli necessari per affrontare le sfide presentate dalla realizzazione di una cupola di tali dimensioni. L'inaugurazione avvenne nel 537, ma i mosaici all'interno della chiesa vennero completati alcuni anni dopo sotto il regno dell'imperatore Giustino II (565-578).
Santa Sofia divenne la sede del Patriarca ortodosso di Costantinopoli e il luogo delle cerimonie imperiali, come le incoronazioni.
La ricostruzione della cupola
Terremoti del 553 e del 557 causarono fessurazioni nella cupola centrale e nella semicupola orientale. La cupola principale crollò completamente durante il terremoto del 7 maggio 558. La ricostruzione fu affidata a Isidoro il Giovane, nipote del precedente architetto Isidoro di Mileto, che utilizzò materiali più leggeri ed elevò la cupola di altri 6,25 metri, conferendo all'edificio la sua altezza interna attuale di 55,6 metri. Il poeta bizantino Paolo Silenziario compose un lungo poema epico, noto come Ekphrasis per la riconsacrazione della basilica, avvenuta il 23 dicembre 562.
La basilica nei secoli successivi
Al momento della presa di Costantinopoli, durante la IV crociata, la chiesa fu saccheggiata e profanata dai cristiani latini. Lo storico bizantino Niceta Coniata descrisse come fossero state rubate dalla chiesa molte reliquie come una pietra della tomba di Gesù, il latte della Vergine Maria, il sudario di Gesùe le ossa di alcuni santi, che furono trafugate verso le chiese dell'ovest. Durante l'occupazione latina di Costantinopoli (1204-1261) la chiesa divenne una cattedrale cattolica romana. Baldovino I di Costantinopolifu incoronato imperatore il 16 maggio 1204 a Santa Sofia. Enrico Dandolo, doge di venezia, che comandò l'invasione della città da parte dei Crociati fu sepolto all'interno della chiesa. Tuttavia, restauri effettuati durante il periodo 1847-1849, hanno gettato alcuni dubbi sull'autenticità della tomba del doge.
Dopo la riconquista della città da parte dei Bizantini nel 1261, la chiesa si trovava in uno stato fatiscente. Nel 1317, l'imperatore Andronico II ordinò la costruzione di quattro nuovi contrafforti Un nuovo terremoto arrecò danni alla struttura che dovette essere chiusa fino al1354, quando terminarono le riparazioni effettuate dagli architetti Astras e Peralta.
La basilica traformata in moschea musulmana (1453-1935)
Nel 1453 Sultano Maometto II assediò Costantinopoli, la capitale dell'Impero Bizantino. Il sultano promise ai suoi soldati turchi che per ben tre giorni avrebbero potuto liberamente saccheggiare la città in caso di conquista. Poco dopo il crollo delle difese della città, molti dei saccheggiatori si diressero verso Santa Sofia e abbatterono le sue porte. Durante l'assedio, venivano spesso celebrate liturgie e preghiere dentro la basilica che era diventata il rifugio per molti di coloro che non erano in grado di contribuire alla difesa della città. Intrappolati nella chiesa, i rifugiati divennero facili vittime degli invasori. L'edificio fu profanato e saccheggiato e gli occupanti resi schiavi o uccisi. Quando il Sultano e la sua corte entrarono nella chiesa, egli ordinò che essa venisse immediatamente trasformata in una moschea. Uno degli Ulama salì così sul pulpito e recitò la Shahada.
La moschea prese il nome di Aya Sofya.
La basilica al giorno d'oggi
Nel 1935, il presidente e fondatore della Repubblica di Turchia, Ataturk, trasformò l'edificio in un museo. I tappeti vennero rimossi e le decorazioni del pavimento di marmo riapparvero per la prima volta dopo secoli, anche l'intonaco bianco che copriva molti dei mosaici fu rimosso. Tuttavia, le condizioni della struttura erano deteriorate.
Una serie di restauri nel 1997-2002 ha riportato la struttura all'antico splendore.
Oggi, l'uso come luogo di culto (moschea o chiesa) è proibito. Tuttavia, nel 2006, subito prima della visita del Papa Benedetto XVI il governo turco ha permesso l'assegnazione di una piccola stanza come una sala di preghiera per chiunque lo voglia. Dal 2010, diverse associazioni islamiche e membri del governo turco hanno richiesto con crescente insistenza la riapertura di Hagia Sophia al culto islamico.
L'architettura
Le sue gigantesche proporzioni ne uno degli edifici più monumentali di tutti i tempi. La basilica ha una pianta che fonde armoniosamente il rettangolo entro il quadrato (71x77 m), è divisa in tre navate mediante arcate divisorie poste su doppio ordine, con un'abside opposta all'ingresso, che è è preceduto da un doppio nartece. Gli interni sono arricchiti con mosaici, marmi pregiati e stucchi: colonne in prezioso porfido, marmo verde della Tessaglia, capitelli finemente scolpiti, ecc. Sulle navate laterali corrono i matronei, destinati alla corte imperiale che da qui assisteva alla liturgia. Al di sopra dei matronei la muratura è perforata da due file sovrapposte di finestre di dimensioni variabili (più ampie al centro, più piccole verso i lati e nella fila inferiore). Lo spazio appare dominato dalla grande cupola. L'effetto è quello di uno spazio incommensurabile e di leggerezza della copertura, che sembra come sospesa nell'aria. I mosaici raffigurano principalmente scene del Vangelo e del Dodecaorto, cioè le dodici feste del calendario liturgico. La cupola riporta un Cristo pantocratore (dal greco: Onnipotente). Procopio di Cesarea, ci ha tramandato una descrizione di come appariva la chiesa nella sua epoca: la luce filtrata dalle finestre sembrava come generata all'interno della basilica stessa e, riverberandosi sui mosaici dorati, pareva annullare irrealmente la consistenza e il peso delle strutture.
La cupola
L'edificio è famoso per l'effetto mistico della luce che si riflette in tutto l'interno della navata, con la cupola che dà l'apparenza di librarsi al di sopra di quest'ultima. Quest'effetto fu reso possibile grazie all'inserzione di quaranta finestre nella cupola stessa, sopra la cornice. La cupola è sostenuta da quattro pennacchi,strutture triangolari, una soluzione mai utilizzata prima. Il loro utilizzo permette una transizione elegante dalla forma quadrata della base dei piloni a quella emisferica della cupola. L'utilizzo dei pennacchi non è soltanto una scelta di carattere estetico, ma permette anche di frenare le forze laterali della cupola e permette di scaricare il peso di essa verso il basso.
La stabilità della cupola fu aumentata da Isidoro il Giovane grazie all'introduzione di costoloni longitudinali che innervano la struttura passando fra le finestre. Questi permettono al peso della cupola di scaricarsi in basso lungo la cornice e verso i pennacchi e, infine, lungo le pareti e verso le fondazioni.
Il carattere unico del progetto di Santa Sofia rende questa struttura uno dei monumenti più avanzati e ambiziosi realizzati nella tarda antichità.
(Fonte: Wikipedia, liberamente rielaborato e riassunto)
Video ricostruttivo della Basilica di Santa Sofia (interno), come appariva nel VI secolo.
In sottofondo un tipico canto della liturgia cristiana ortodossa: Anastaseos Hemera
Santa Sofia, ricostruzione virtuale della basilica ai tempi di Giustiniano |
Santa Sofia, i matronei |
Santa Sofia, mosaico di Cristo |
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Le battaglie conciliari in Oriente tra IV e V sec.
Andrea Zito
I secoli IV e V d.C. hanno segnato alcune tappe fondamentali nella storia della dissertazione dogmatica sul Cristianesimo. Per fronteggiare alcune tendenze separatistiche in seno alla Chiesa o per affermare e chiarire le posizioni ufficiali della stessa sulle questioni di fede vennero convocati, in 126 anni, da 4 Imperatori diversi ben 5 Concili Ecumenici piuttosto travagliati (di cui gli ultimi 3 in un arco di tempo di soli 20 anni), che testimoniano come l’argomento religioso ormai vivesse in profonda simbiosi con l’assetto politico dell’Impero, e traesse da esso corroborazione; anzi si può dire che fosse parte integrante, e spesso pregnante, dello stesso. Non si può nascondere che, a quel tempo, le controversie religiose assumessero connotati di natura palesemente istituzionale, un dato di fatto che sarebbe stato confermato anche nei secoli a venire. E specie nell’Impero Romano d’Oriente, ormai divenuto fulcro indiscutibile della cultura e della politica del tempo.
Partiamo dal primo: il Concilio Ecumenico di Nicea, il Primo della storia. Convocato da Costantino I nel 325 a Nicea (Frigia) e presieduto dallo stesso Imperatore, si rese necessario per dirimere in via definitiva le feroci dispute all’interno della Chiesa cristiana sorte in merito ad alcune questioni dogmatiche, prima tra tutte la polemica sulla natura del Cristo che aveva dato impulso alla dottrina eretica del presbitero alessandrino Ario, il quale per le sue predicazioni si era già guadagnato diverse condanne e scomuniche. L’assemblea ebbe luogo tra il 19 e il 25 luglio presso il Palazzo Imperiale, vide la partecipazione di 318 ecclesiastici, tra i quali due rappresentanti di papa Silvestro I, e a tratti raggiunse livelli di accesa animosità: il vescovo umanista veneziano Pietro de’ Natali, nel suo Catalogus sanctorum et gestorum eorum (1369-1372), racconta l’aneddoto di un infervorato San Nicola di Bari che, durante la discussione sulle tesi di Ario, arrivò persino a schiaffeggiare l’eretico. Le conclusioni a cui giunse il primo grande Concilio Ecumenico nella storia della Cristianità sono note a tutti: la condanna definitiva della dottrina ariana, secondo la quale Cristo era stato creato dal Padre, non condividendo con Esso la natura divina; l’affermazione della Verginità di Maria, peraltro già ribadita nel Vangelo di Matteo; l’elaborazione di una Professione di Fede, il cosiddetto Credo Niceno, in cui veniva confermato il dogma della consustanzialità (“della stessa sostanza”) del Padre e del Figlio e quello della non-creazione, ma della generazione del Figlio contestualmente al Padre (non creato ma “generato dal Padre prima di tutti i secoli”). C’è da dire, però, che l’arianesimo non fu totalmente sradicato dalle menti, in quanto alcuni successori di Costantino (Costanzo II e Valente), dichiaratamente ariani, tentarono di reimporre la dottrina eretica, rendendosi perciò necessario un Secondo Concilio Ecumenico, stavolta convocato nel 381 a Costantinopoli e presieduto da Teodosio I, col quale si ribadì l’ortodossia condannando nuovamente le posizioni ariane, e si ampliò la portata del Credo Niceno estendendo il dogma della consustanzialità anche allo Spirito Santo.
Il Terzo Concilio fu convocato 50 anni dopo ad Efeso, Lidia, nel 431. A presiederlo fu Teodosio II, a renderlo necessario un’aspra diatriba tra due patriarchi orientali, Nestorio di Costantinopoli e Cirillo d’Alessandria, relativa nuovamente alla natura di Gesù Cristo e, conseguentemente, a quella di Maria: il Nestorianesimo sosteneva che in Cristo coesistessero due persone distinte, caratterizzate da una natura divina e una natura umana, e che Maria fosse solo ed esclusivamente madre del “Cristo terreno”, non “Madre di Dio”. Cirillo si fece invece difensore agguerrito dell’unicità della natura del Cristo, uomo e Dio allo stesso grado e in forma compiuta, e della genitorialità di Maria che ha dato alla luce Dio in forma di Uomo. Le posizioni di Cirillo prevalsero nettamente, e il Concilio condannò le posizioni di Nestorio, riconfermando e lasciando invariato il contenuto del Credo Niceno fino ad allora elaborato.
E siamo giunti al Quarto Concilio, quello su cui vale la pena spendere qualche parola in più, pur non essendo stato riconosciuto come ufficiale dalla Chiesa, e pur essendo stato “cassato” appena due anni dopo da un nuovo Concilio “sostitutivo e sanatorio”: stiamo parlando del Secondo Concilio di Efeso, che nella sua non ufficialità passò alla storia come il “Concilio dei Briganti”.
Dopo Ario e contemporaneamente a Nestorio infatti, era emerso un nuovo personaggio che aveva messo in discussione le posizioni dogmatiche tradizionali, ossia Eutiche, archimandrita di Costantinopoli il quale, proprio in polemica con lo stesso Nestorio, a partire dal 448 scese in disputa con esso sostenendo la concezione monofisita del Cristo, secondo la quale Gesù ha natura esclusivamente divina (dal grecomoné-physis=una sola natura). La dottrina eutichea aveva avuto molto più seguito di quella nestoriana, arrivando a coinvolgere direttamente il seguito imperiale. Eutiche godeva dell’appoggio dello spietato e ambizioso patriarca Dioscoro I (Papa per la Chiesa Copta), succeduto a Cirillo sulla cattedra di Alessandria a seguito della morte di quest’ultimo, nel 444. Ma non solo: ad esso si aggiungevano il potente eunuco Crisafio e il magister militum Nomo, i due soggetti in assoluto più influenti sul debole animo di Teodosio II. E fu proprio sotto la loro influenza, e la spinta dottrinale di Dioscoro, che l’Imperatore convocò nell’agosto del 449 un quarto Concilio Ecumenico, anche questo ad Efeso come 18 anni prima quello precedente. La presidenza fu affidata allo stesso Dioscoro, in collaborazione con i vescovi Giovenale di Gerusalemme e Talassio di Cesarea. L’8 agosto fu aperta la prima sessione dei lavori, a cui presero parte complessivamente 198 vescovi, tra cui anche alcuni rappresentati del Papa di Roma Leone I. Tra i giudici mancava Flaviano, patriarca di Costantinopoli, in quanto si era già espresso sulle tesi monofisite scomunicando Eutiche in un sinodo appositamente convocato nel novembre del 448. I lavori procedettero in un’atmosfera assai agguerrita: tra molteplici episodi di intimidazione da parte di Dioscoro e del suo seguito nei confronti dei nestoriani e in generale dei prelati anti-eutichei, fin da subito si evidenziarono influenti simpatie per l’archimandrita eretico, mentre l’epistola dogmatica di Leone I Tomus ad Flavianum indirizzata a Flaviano, in cui si ribadiva la contrarietà di Roma alle dottrine monofisite, rimase lettera morta. Addirittura, con un colpo di mano, lo stesso Dioscoro arrivò ad accusare Flaviano e i legati pontifici di sostenere l’eresia nestoriana, già condannata 18 anni prima. Innegabile fu l’appoggio al monofisismo anche da parte dello stesso Imperatore. Nonostante l’aggressione a Flaviano con la quale fu costretto a lasciare i lavori e a rinunciare alla carica di patriarca di Costantinopoli (fu costretto all’esilio e morì poco tempo dopo a causa delle percosse subite), e nonostante la dichiarazione di nullità del Concilio da parte di papa Leone I, che arrivò a definirlo un “latrocinium”, ossia un vero e proprio atto di “brigantaggio” dottrinale, Teodosio II, in piena controtendenza rispetto ai predecessori che avevano convocato le precedenti assemblee, dichiarò la validità delle posizioni ivi approvate (pur se attraverso coercizioni e minacce), ossia le concezioni monofisite sull’unica natura divina del Cristo. Tant’è che, in polemica con Roma e con i vescovi soccombenti nella disputa, l’Imperatore fece comprendere gli atti ufficiali del Concilio all’interno del suo Codex theodosianus, la raccolta da lui voluta di leggi, costituzioni e atti normativi a partire da Costantino I. Il monofisismo era divenuta dottrina ortodossa, nell’Impero. Tutte le altre posizioni, condannate. Eutiche, assolto dall’accusa di eresiarca. Era la prima volta che accadeva: un’eresia avallata dal sovrano, riconosciuta come dottrina ufficiale e difesa in tutto l’impero.
Ma la fortuna delle posizioni monofisite ebbe durata breve: con la morte di Teodosio II nel 450 il suo successore Marciano, su pressione della moglie Pulcheria, donna fedele a Roma e sorella dell’imperatore defunto, si affrettò a convocare nell’ottobre del 451 un nuovo Concilio Ecumenico a Calcedonia (città della Bitinia di fronte a Costantinopoli), al quale presero parte quasi 600 vescovi, con il quale vennero totalmente ribaltate le conclusioni del “concilio dei briganti” di due anni prima, condannando in via definitiva gli orientamenti monofisiti di Eutiche e Dioscoro. Ciò non significò decretare il successo dei Nestoriani. E’ vero, si ammetteva la duplice natura del Cristo, ma contrariamente ad essi non si riconosceva il corpo di Gesù come un solo “contenitore” della sua natura divina: Egli è completamente umano e completamente divino, partecipa dell’una e dell’altra natura allo stesso modo, rappresenta due “persone” e non solo due “nature”, e Maria Vergine è Madre sia dell’Uno (uomo) che dell’Altro (Dio). Conclusioni che porteranno di lì a poco allo scisma delle Chiese copte egiziana ed etiopica, le cosiddette Chiese Miafisite, secondo le quali in Cristo vive un’unica natura (mia-physis=una natura), divina e umana insieme: tali Chiese non riconosceranno la validità delle conclusioni del Concilio di Calcedonia, che passerà alla storia, cancellando completamente la vergogna del “latrocinium” di Efeso, come il solo e autentico Quarto Concilio Ecumenico della Cristianità.
Bibliografia
- Giorgio Ravegnani, Introduzione alla storia bizantina, Il Mulino 2008
- Price, Richard, and Gaddis, Michael, The Acts of the Council of Chalcedon, Liverpool University Press, 2005-2007, vol 1 pp.30-37.
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Origini
dello Stato della Chiesa:
dal potere spirituale a quello temporale
VIII
sec. d.C. Dalla “Donazione di Sutri” alla “Falsa donazione di Costantino”
Nel 728 d.C. Liutprando, re dei Longobardi,
conquistò Sutri (presso Viterbo) ed altre località (Bomarzo, Orte, Amelia) del Ducato di Roma, che erano territori
bizantini, e quando il Papa Gregorio II gli chiese di restituirli all’Impero Romano
d’Oriente, il sovrano longobardo, inaspettatamente, lì donò al Papa stesso. I territori donati confluirono nel vasto “Patrimonio
di san Pietro”, insieme delle proprietà appartenenti alla Diocesi di Roma.
Sin dal Concilio di Calcedonia (451), si
riconosceva il primato spirituale del Vescovo di Roma, detto appunto “Papa”, su
tutti gli altri vescovi. Essendo l’imperatore d’Oriente molto lontano dall’Italia,
il Papa aveva finito in pratica per sostituirlo nei territori a lui sottoposti.
Con la Donazione di Sutri, per la prima volta, ci fu un riconoscimento del
potere temporale, cioè politico, del Papa su Roma e sul Patrimonio di San Pietro.
Da autorità morale, il Papa si trasformava in un sovrano regnante. Successive
donazioni e conquiste militari ingrandirono ulteriormente i territori della
Chiesa di Roma. Pipino il Breve, re dei Franchi, avendo sconfitto i Longobardi,
nel 756 donò al Papa Stefano II numerose città un tempo appartenute ai
Bizantini, dal Lazio alla Romagna, compresa Ravenna. In seguito Carlo Magno,
dopo aver sottomesso nel 774 Desiderio, l’ultimo re dei Longobardi, confermò le
numerose donazioni compiute in precedenza da suo padre Pipino il Breve, che
includevano numerose altre località. Nasceva così lo Stato della Chiesa.
La Chiesa dell’VIII sec. non si accontentò delle
donazioni di località da parte di sovrani longobardi e franchi. La Cancelleria
Papale di quegli anni giunse a redigere un documento falso, noto come “Donazione
di Costantino”, secondo cui l’imperatore Costantino stesso, appunto, con tale
editto nel 315 donava al Papa di quell’epoca, Silvestro I, non solo il Palazzo
del Laterano, ma anche l’autorità su tutti i vescovi del mondo e su tutti i
territori dell’Impero Romano d’Occidente (noi diamo a Silvestro, Papa
universale, il nostro palazzo e tutte le province, palazzi e distretti della
città di Roma e dell'Italia e delle regioni occidentali). Grazie al documento pseudocostantiniano i
Pontefici medievali poterono condizionare la politica di numerosi stati europei
per circa 700 anni. Essi infatti affermavano che tutta l’Europa occidentale era
soggetta al Papato ed i singoli sovrani vi potevano governare solamente con il
consenso dei Sommi Pontefici. La falsità della donazione si svelò nel XV sec. Nel
1440, infatti, il latinista Lorenzo Valla, per difendere il Regno di
Napoli dalle ingerenze papali, approfondendo gli aspetti storici e linguistici
del testo, dimostrò in modo inequivocabile che l’editto non poteva essere stato
scritto all’epoca di Costantino, ma alcuni secoli dopo e non era opera della
Cancelleria Imperiale, bensì dell’ambiente ecclesiastico. Tuttavia il
coraggioso latinista non potè pubblicare la sua opera, che vide la luce solo
nel 1517, sessanta anni dopo la sua morte, e nel 1559 fu inserita nell’Indice
dei Libri Proibiti in quanto pericolosi per la fede cattolica.
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San Giovanni in Laterano. Tomba di Lorenzo Valla
La Conversione della Russia
al Cristianesimo Ortodosso di Costantinopoli
La scelta di Vladimir di aderire alla religione cristiana viene descritta nella Cronaca di Nestore come il risultato di un'accurata ricerca di carattere spirituale e culturale.
Vladimir incontrò rappresentanti delle tre maggiori religioni monoteiste, inviando al contempo delegati presso le loro capitali per ulteriori indagini; gli inviati a Costantinopoli tornarono entusiasti della cristianità bizantina, conquistati dai loro riti e dalle architetture religiose (in particolare la cattedrale di Hagia Sophia), portando così alla scelta di Vladimir.
Sembra inoltre che Vladimir abbia rifiutato la religione ebraica perché espressione della fede di un popolo sconfitto e senza stato, mentre quella islamca perché proibiva il consumo di alcol, con le celebri parole «bere è la gioia dei russi»
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I Longobardi in Italia
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I Luoghi del Potere nell’Italia dei
Longobardi
I Luoghi del Potere nell’Italia dei
Longobardi, (568-774 d.C .). I
luoghi del potere longobardo tutelati dall’UNESCO costituiscono un sito
seriale, cioè sono rappresentati da sette diversi gruppi di edifici (fortezze,
chiese e monasteri) localizzati in differenti regioni italiane. Essi
testimoniano la profonda evoluzione compiuta dai Longobardi, che migrarono come
popolo barbarico e nomade dal Nord-Europa in Italia, dove dominarono vasti
territori in VI all’VIII secolo d.C.
elaborando una propria civiltà. L’arte e l’architettura longobarda segnano il
passaggio dall'antichità al Medioevo europeo, ereditando il patrimonio culturale
di Roma antica, la spiritualità cristiana, l'influsso bizantino e quello
germanico. Lo stile longobardo, pur ereditando tradizioni diverse, si manifesta
in modo unitario ed originale e pone le premesse per la successiva fioritura
artistica dell’età di Carlo Magno. Inoltre i Longobardi hanno contribuito allo
sviluppo del monachesimo cristiano nell’Europa medievale, con particolare
riferimento al mondo dei pellegrinaggi. Spicca in particolare in tal senso il
santuario di san Michele Arcangelo (Puglia) e la conseguente diffusione del
culto di san Michele. Altrettanto importante il contributo longobardo nella
trasmissione del sapere dall’antichità al medio evo a tutti i livelli: opere
letterarie, storiche, giuridiche, tecniche, architettoniche, ecc. I siti presi
in considerazione si distinguono non solo per il loro valore artistico,
storico, architettonico, ma anche per il notevole grado di conservazione.
I monumenti segnalati dall'UNESCO si trovano precisamente a Cividale del Friuli, a Castelseprio, a Brescia, a Spoleto, al Clitunno,a Benevento e a Monte Sant'Angelo.
Per approfondire, si veda la pagina "Geografia: L'Italia"
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Il Grande Scisma
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http://www.wimp.com/presentday/
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